Ogni colloquio inizia allo stesso modo: una stretta di mano (quando è in presenza), qualche battuta introduttiva, poi il via alla conversazione. È una routine che diamo quasi per scontata, ma proprio in quell’attimo iniziale si gioca gran parte della qualità dell’incontro.

Molti recruiter si affidano a domande standard. “Mi parli di lei”, “Come si descriverebbe?”, “Perché vuole cambiare lavoro?”. Frasi che funzionano in apparenza, ma spesso non generano una conversazione autentica.

Il risultato? Un dialogo impostato, una comunicazione filtrata, dove si parla di competenze ma raramente si entra in contatto con la persona che si ha davanti.

In questo articolo vogliamo mostrarti un cambio di prospettiva: partire da una domanda diversa per dare al colloquio un significato più vero — e, perché no, per riscoprire anche il senso del tuo ruolo come recruiter.

Quando una domanda smette di essere tecnica e diventa umana

Negli ultimi anni si è parlato molto del bisogno di rendere i colloqui più veri, più umani, più capaci di far emergere il potenziale nascosto dietro i ruoli. In questo contesto, una riflessione condivisa da LinkedIn Talent Solutions ha fatto emergere un’idea interessante.

Una sola domanda, diversa da tutte le altre:
“Qual è la cosa più importante che devo sapere su di te?”

Non è una provocazione.. è un invito! A uscire dagli schemi, a raccontarsi con autenticità, a partire non da ciò che ci si aspetta, ma da ciò che si ritiene significativo.

È facile immaginare dove possa condurre una risposta del genere. Può emergere una motivazione profonda, un valore personale, una storia professionale che nessun CV saprebbe raccontare. È lì che inizia una conversazione vera.

Non è la perfezione tecnica della domanda a fare la differenza, ma l’intenzione che la guida: voler ascoltare davvero.

Per chi lavora nel recruiting, può essere una svolta

Se sei all’inizio del tuo percorso come recruiter, una domanda così può aiutarti a instaurare un rapporto più autentico con i candidati, senza dover dimostrare autorità. Basta ascoltare.

Se invece hai già esperienza nella selezione, può rappresentare un modo per rinnovare il tuo approccio, rompere l’automatismo, riscoprire il senso profondo del tuo ruolo: costruire relazioni, non solo filtrare CV.

In entrambi i casi, è un invito a mettersi in gioco in modo diverso. Perché, nel recruiting, non conta solo trovare la persona giusta: conta anche essere il professionista capace di far emergere quella persona.

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In Samsic HR Italia crediamo fortemente all’ascolto

Crediamo che un colloquio non sia mai solo un atto formale: è un momento in cui due persone si incontrano, si osservano, si ascoltano.

Chi entra a far parte del nostro team non si limita a gestire processi: partecipa alla costruzione di una cultura aziendale in cui il rispetto, l’intenzione e la cura fanno parte del modo in cui si lavora.

Cerchiamo persone che abbiano voglia di evolvere, che vedano nel colloquio un’occasione per costruire relazioni e che vogliano contribuire, ogni giorno, a un’idea di selezione che mette al centro il valore umano.

Vuoi essere parte di questa visione?

Se ti rivedi in questa sensibilità, se cerchi un contesto che valorizzi davvero il tuo ruolo e le tue competenze, scopri le nostre posizioni aperte!

E se non trovi quella perfetta per te, puoi comunque proporre la tua candidatura. Le migliori collaborazioni, spesso, nascono proprio da una buona domanda.