In questi ultimi anni, grazie anche all’arrivo della Digital Transformation, è cresciuta l’attenzione nei confronti delle tematiche Lean. La crisi energetica che stiamo vivendo in questi mesi potrebbe essere un altro importante volano, perché comprendere come riuscire a eliminare gli sprechi in questo campo e innovare strumenti, processi e modi di lavorare, potrebbe portare benefici importanti. In questo articolo Carlo Messina, General Manager di Academy, propone un case study legato alla Lean Culture, spiegando le difficoltà nell’introduzione e come lui è intervenuto per risolverla.
È ormai riconosciuto che la Lean sia un approccio culturale e non una semplice metodologia. La mia esperienza mi ha insegnato che ogniqualvolta si sono impostati progetti di introduzione della Lean basati esclusivamente su strumenti e processi, senza tener conto della formazione, i risultati sono stati scadenti. Le cose funzionavano finché consulenti erano presenti, poi si perdevano le buone prassi e si tornava progressivamente a lavorare con approcci obsoleti.
La Lean è una trasformazione culturale, lo si sente dire spesso. Quest’affermazione sottintende che l’organizzazione deve mettersi in gioco e apprendere un modo di lavorare, probabilmente basato su principi valoriali diversi.
Case Study: introdurre la Lean Culture attraverso G-Suite
Ricordo ancora quando nel 2013 decisi di introdurre G-Suite nell’azienda in cui lavoravo, in particolare in una Business Unit. Ero convinto che il vantaggio di tale soluzione fosse così lampante che tutti avrebbero aderito di corsa al nuovo modo di lavorare, ma la storia andò diversamente.
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Introduzione di Google Drive
La criticità
L’idea di dover cambiare tool di gestione dei documenti era il primo scoglio. Avevo chiesto di introdurre Drive per avere i documenti in comune su Cloud e rendere più semplice il lavoro in mobilità. Scoprii gelosie sui propri documenti, come se non fossero dell’azienda, ma di chi li aveva elaborati, scoprii una mancanza di fiducia sul tool (“e se per qualche motivo spariscono?”), scoprii una resistenza al cambiamento inaspettata per un team abituato a innovare (“preferisco tenerli nel vecchio modo perché li ritrovo più facilmente”).
L’intervento
La soluzione fu trasmettere visione sulle potenzialità di Drive, nella possibilità di condividere le esperienze tra le varie filiali, anche nelle occasioni in cui si era presso il cliente e si aveva un semplice accesso alla rete dati o wi-fi. In seconda battuta compresi che era necessario lavorare sulla fiducia interna al team e sul senso di appartenenza all’azienda per comprendere che quanto realizzato da ognuno di noi acquisiva più valore se condiviso. Infatti dalla condivisione nasce il confronto, dal confronto nasce l’apprendimento evolutivo bidirezionale.
Creazione di una Directory condivisa
La criticità
Il secondo step di Drive è stato la creazione della Directory condivisa. Commisi la “leggerezza” di pensare che, visto il livello di professionalità interno e “avendo poco tempo a disposizione per seguire questa cosa”, sarebbe nata e si sarebbe evoluta in modo “naturale”.
Dopo qualche tempo scoprii che tutti avevano usato criteri personali e che il modo di archiviare era così variegato che sarebbe stato più semplice uscire dal Labirinto di Cnosso che riuscire a trovare un documento archiviato da altri. La lessons learnt fu che quando si vuole migliorare qualcosa bisogna avere metodo e approccio condiviso.
L’intervento
Introducemmo il concetto di cliente interno al centro e, partendo dal collega che avrebbe dovuto cercare il materiale per mostrarlo al cliente e cominciammo a immaginare la Directory, immaginando ciò che avrebbe potuto essere utile ad un collega come spunto in fase di progettazione oppure per generare un report. Il risultato fu molto positivo: la Directory creata ha una struttura solida, resiste nel tempo (nella sua struttura portante e logica) e viene rapidamente compresa anche dai nuovi colleghi.
Carlo Messina, General Manager Academy