Bias cognitivi in azienda: convinzioni e percezioni fallaci della realtà circostante possono influenzare negativamente le performance lavorative, intaccando anche le proprie capacità di leadership e problem solving. Una presa di consapevolezza rispetto a questi aspetti può aiutare i professionisti a limitare le ingerenze di queste interpretazioni parziali e semplificate, contribuendo alla costruzione di una visione più lucida e oggettiva del proprio business.
Sul luogo di lavoro ogni giorno si prendono decisioni, i team interagiscono e collaborano, i lavoratori danno riconoscimento ai propri colleghi e si congratulano con chi ha raggiunto dei traguardi importanti. Ciascuna di queste azioni quotidiane, apparentemente presa in maniera libera e indipendente, è in realtà influenzata dai cosiddetti bias cognitivi.
Si tratta di interpretazioni soggettive del mondo circostante, delle sorte di scorciatoie che semplificano e in parte distorcono la realtà, messe in atto dalla mente umana per risparmiare tempo ed energie. Non bisogna però necessariamente considerarli come degli elementi negativi: i bias, infatti, aiutano a semplificare il reale usufruendo, nei processi decisionali, una conoscenza “già acquisita”. Essi consentono dunque di prendere decisioni quotidiane senza dover processare i milioni di input informativi che ciascuno riceve ogni giorno e dunque senza esserne sopraffatti.
Ovviamente, però, un’alterazione delle proprie credenze e convinzioni – spesso dettata proprio dai bias – plasma le aspettative rispetto ad un determinato evento o ad una persona, contribuendo alla formazione di una percezione parziale o distorta dell’ambiente e del mondo circostanti. Questa percezione falsata influenza a sua volta le conclusioni di un ragionamento, e con esse le decisioni e i comportamenti, che saranno di conseguenza in linea con il proprio pensiero e non con la realtà dei fatti.
In una recente pubblicazione, affrontando la tematica del problem solving e delle modalità più efficaci per approcciarsi a questa disciplina, abbiamo accennato all’importanza di superare le criticità nel modo più lucido e oggettivo possibile, eliminando quindi i vari bias cognitivi che possono influenzare negativamente il nostro giudizio.
L’acquisizione di consapevolezza rispetto ai propri bias cognitivi consente inoltre di ridurre al massimo l’impatto di falsi giudizi e cattive interpretazioni, contribuendo alla creazione di un ambiente di lavoro equilibrato, sano e di successo. È quindi un aspetto che migliora le doti di leadership che, se sviluppato dal manager, porterà al benessere dell’intero team.
Per questo motivo abbiamo deciso di raccogliere alcuni dei bias cognitivi più comuni in azienda, che spesso influenzano l’ambiente lavorativo, con lo scopo di facilitare una presa di coscienza e ridurre al minimo il loro impatto.
Bias cognitivi in azienda: quali sono e cosa comportano
Bias di salienza
È la tendenza a esprimere giudizi e arrivare a conclusioni in base solamente ad alcune caratteristiche evidenti (salienti, appunto), solitamente quelle caratterizzate da un maggiore impatto emotivo. Questo bias porta a trascurare alcuni tratti che possono invece rivelarsi determinanti nei processi di decision making. Esso può portare, come è facilmente intuibile, a una valutazione parziale, fallace o incompleta di alcune situazioni, dandone un’interpretazione emotiva. Nel concreto, questo potrebbe tradursi un una tendenza ad accettare o rifiutare progetti, collaborazioni o partnership su impulsi dettati dalla paura, dall’entusiasmo o dalla speranza, senza invece basarsi su dati oggettivi, previsioni e analisi di mercato.
Bias di conferma
È la ricerca, nell’analisi di una situazione, di quelle informazioni che confermino i propri preconcetti. Le informazioni contraddittorie, dunque, vengono inconsciamente tralasciate o ignorate, in modo da evitare di creare qualsiasi conflitto con le proprie convinzioni. In un ambiente lavorativo, questo bias potrebbe manifestarsi, per esempio, in comportamenti non equi di un manager nei confronti del resto del team. Se un leader è contento delle performance di un dipendente, potrebbe facilmente “chiudere un occhio” rispetto ad errori, anche gravi. Potrebbe però, al contrario, essere molto più rigido nel formulare un giudizio negativo su un dipendente per il quale non prova particolare stima, anche a fronte di errori minori, proprio perché questo andrebbe a confermare il suo pregiudizio su questa persona.
Bias di ancoraggio
Chi è soggetto a questo bias nel prendere decisioni si affida alle prime informazioni che riceve. Quando ci si “àncora” ad una specifica idea o piano è molto probabile che le informazioni nuove che si ricevono, se in contrasto con quello di cui siamo convinti, siano valutate in maniera poco oggettiva, considerate fuorvianti o poco importanti e conducendo dunque a giudizi distorti o alterati. Questo bias si manifesta spesso durante i brainstorming in ufficio, durante i quali, tra tutte le idee che vengono proposte, di solito si tende a preferire la prima che è stata presentata.
Fallacia costi sostenuti
Questo effetto si manifesta con la tendenza a insistere in un’attività dopo che, su di essa, è stato fatto un corposo investimento (di energie, di tempo, di denaro) anche quando gli esiti appaiono chiaramente deludenti. Nelle organizzazioni questa distorsione entra in gioco quando, nel portare avanti progetti innovativi e di miglioramento, si investe un’ingente quantità di risorse e, pur capendo che sia difficile ottenere i risultati attesi, si prosegue nell’investimento, con la speranza di poter “salvare” una situazione ormai non più recuperabile.
Overconfidence bias
Questo è il bias che caratterizza la C-Suite di quelle aziende che hanno eccessiva fiducia nelle proprie capacità e di quelle del proprio personale, pensando forse in maniera “troppo positiva” e irresponsabile, perché proprio in virtù di questa fiducia tendono a pensare che sono in grado di ottenere il successo e, inoltre, sottovalutano il potere dei competitor. Il rischio è, in questo caso, quello di porsi degli obiettivi di business troppo ottimistici e quindi realisticamente irraggiungibili e di non tenere in sufficiente considerazione la minaccia rappresentata dalla concorrenza, con conseguenze che possono avere un impatto molto negativo sul lungo periodo.