Simona Maturo, coordinatrice nazionale reclutamento dell’agenzia Samsic HR Italia, ha raccolto tra le filiali lombarde i dati delle richieste delle imprese. E spiega: «Siamo consulenti del lavoratore e dell’azienda allo stesso modo. Una mediazione che continua anche dopo l’assunzione»

Si chiama “collocamento mirato”. E si riferisce all’obbligo previsto dalla legge 68 del 1999 di assumere persone disabili, in percentuali proporzionate alla dimensione aziendale, per le imprese da 15 dipendenti in su. Ma come funziona il processo di inserimento al lavoro di persone disabili?

A chiarire il percorso è Simona Maturo, coordinatrice nazionale reclutamento dell’agenzia Samsic HR Italia, che ha raccolto tra le filiali i dati degli annunci delle aziende in Lombardia. «Le richieste di assunzione tramite il collocamento mirato riguardano in gran parte le aziende che devono adempiere all’obbligo di legge», spiega l’esperta. «Ma quello che notiamo è che sempre più aziende negli ultimi anni si stanno avvicinando al mondo delle categorie protette a prescindere dall’obbligo, per una sensibilità sociale che sta maggiormente crescendo».

Inserimento al lavoro di persone disabili: il ruolo dell’agenzia

In questo processo di incrocio tra lavoratore e impresa, gli operatori delle politiche attive hanno un ruolo centrale per avviare il percorso di inserimento lavorativo, ma soprattutto per garantirne la continuità. «Il confronto e il supporto dell’operatore aiuta in primis il candidato a far emergere le proprie competenze e qualità, soprattutto per i profili junior, preparandoli al colloquio», spiega Maturo. «Puntiamo a far emergere le potenzialità. Il curriculum è bidimensionale, riguarda le competenze tecniche. Noi facciamo vedere le potenzialità del candidato, che creano il valore aggiunto».

Ovviamente, il lavoro dell’operatore consiste prima di tutto nell’incrociare la mansione richiesta con la tipologia di disabilità del candidato. Domanda e offerta vengono incrociate, a seconda che sia richiesto un lavoro fisico o intellettuale. «Si valutano tutte le caratteristiche che possano poi trovare idoneità, sia nella mansione sia nel luogo di lavoro», dice Maturo. «Questa è un’analisi che viene fatta già alla stesura della job profile, in modo da non creare disagi».

E se da un lato si supporta il candidato, lo stesso si fa con l’azienda cliente. «Prima ci confrontiamo con l’azienda e la aiutiamo a capire come muoversi, perché non sempre è preparata. La supportiamo nella stesura della job profile», spiega. «Poi aiutiamo il candidato soprattutto nel valorizzarsi, perché molto spesso può essere o alla prima esperienza o venire da esperienze negative ed essere quindi intimorito nel rimettersi in gioco». Viene creato un «trait d’union», in modo da «matchare le esigenze dell’azienda con quelle del candidato».

Ma il lavoro non termina con l’assunzione. «Il nostro obiettivo non è solo il “qui e ora”: la maggior parte delle aziende che si rivolgono a noi ha necessità a lungo termine. Per cui, anche laddove ci sia un inserimento a tempo determinato, è solo per un periodo di prova. Ma l’obiettivo è la continuità occupazionale, procedendo a una assunzione a tempo indeterminato. Per cui diventa fondamentale capire prima le necessità per saperle matchare bene».

Nel periodo di prova, datore di lavoro e lavoratore si valutano reciprocamente. Per il lavoratore con disabilità sono importanti «sia il clima aziendale sia il luogo di lavoro». E «l’operatore delle politiche attive anche in questa fase riveste una figura fondamentale, perché non favorisce solo l’inserimento ma anche la continuità lavorativa. Il lavoratore non è più solo nell’azienda, ma ha una spalla con cui confrontarsi».

Una «spalla» che conosce l’azienda e che monitora ogni passaggio dell’inserimento al lavoro delle persone disabili. «Noi stessi chiediamo di entrare nel luogo di lavoro e conoscerlo per poter meglio avvicinare il lavoratore alle caratteristiche personali e non solo tecniche dell’azienda», dice Maturo. «Siamo consulenti del lavoratore e dell’azienda allo stesso modo. Una mediazione che continua anche dopo l’assunzione e che favorisce la comunicazione».

Leggi anche: Disabilità e lavoro, nasce una rete innovativa per l’inserimento efficace 

I profili più ricercati

Ma quali sono oggi i profili maggiormente ricercati in Lombardia? «I profili più richiesti sono sia generici, come addetti alle pulizie, operai, magazzinieri, sia maggiormente specializzati, come impiegati commerciali, addetti vendita, segretari», spiega Maturo.

E i settori con maggiori richieste variano in base alle caratterizzazioni economiche dei territori della regione. «Spiccano il cosmetico nel territorio cremasco e comasco», dice, «il metalmeccanico e l’alimentare nel bergamasco e nel monzese, e il settore assicurativo e bancario nel milanese, dove ci sono anche diverse richieste per la sanità».

Le competenze richieste dipendono dalla mansione ricercata. Ma sia per il settore produttivo sia per le posizioni impiegatizie, «è importante l’esperienza pregressa», dice Maturo. «Ovvero aver maturato esperienza o nella mansione richiesta o nel settore merceologico di riferimento. Non è però indispensabile quantificare in anni questa esperienza, piuttosto è importante capire se la risorsa ha acquisito autonomia e abilità nello svolgimento dell’attività di riferimento».

Qualche esempio: «Relativamente all’ambito segretariale/impiegatizio, è importante sicuramente che la risorsa abbia maturato esperienza e autonomia nella gestione del centralino e delle email, buone capacità di relazione e comunicazione con il pubblico-cliente». Altro aspetto fondamentale è, ovviamente, «la buona predisposizione all’uso dei principali strumenti informatici e la capacità di padroneggiare le tecnologia». Non è determinante, ma può agevolare, «la conoscenza di una seconda lingua straniera».

Articolo originariamente pubblicato su Linkiesta.